La povertà educativa è la privazione, per i bambini e gli adolescenti, dell’opportunità di apprendere, sperimentare, sviluppare e far fiorire liberamente capacità, talenti e aspirazioni.
E’ stata pubblicata (ed è liberamente accessibile) la ricerca promossa da Save the Children Italia con l’Università di Roma Tor Vergata che osserva la condizione dei minori italiani che nascono e crescono in situazioni svantaggiate, socialmente ed economicamente. Quanti e quali minori riescono oggi a sfuggire a tale povertà e quindi riescono a superare le difficoltà, a raggiungere buoni livelli di apprendimento, a realizzare le proprie aspirazioni (sogni!), a far fiorire i loro talenti ed esercitare pienamente i propri diritti di cittadini? Sono i minori definibili “resilienti”.
Quali fattori incidono positivamente e quali negativamente? I fattori più importanti che aiutano i minori ad essere resilienti in condizioni socio-economiche più difficili sono la frequenza ai servizi per la prima infanzia ed a scuole dove gli insegnanti interagiscono positivamente e regolarmente con gli alunni e le loro famiglie, oltre ad un tasso di dispersione scolastica più basso rispetto alla media nazionale. La resilienza è anche fortemente favorita dalla partecipazione ad attività di educazione non formale di vario genere (sportive, ricreative, culturali). Tra queste possiamo senz’altro collocare (seppur non citata esplicitamente dalla ricerca) anche la proposta educativa scout.
Quali sono invece i fattori che ostacolano la resilienza? Minori che crescono in ambienti dove il tasso di criminalità minorile e l’incidenza della povertà è superiore alla media nazionale hanno poca probabilità di attivare percorsi di resilienza educativa. Gli alunni che vivono in aree dove il tasso di disoccupazione giovanile supera la media nazionale hanno una probabilità di quasi due volte più bassa di essere resilienti, rispetto ai loro coetanei che abitano in zone dove le opportunità lavorative per i giovani sono più elevate. Le ragazze hanno il 79% di probabilità in meno dei ragazzi di essere resilienti. Mentre minori migranti di prima generazione (nati all’estero da genitori migranti) hanno una probabilità di essere resilienti due volte minore rispetto ai coetanei nati in Italia, sia da genitori italiani che stranieri.
Ci sono poi fattori che risultano ininfluenti o davvero poco significativi, come la quantità di computer a disposizione o l’utilizzo di internet a scuola (cioè non necessariamente sembrano aiutare la resilienza). La composizione familiare, oppure la condizione di lavoro della madre, in particolare l’essere casalinga, non risultano avere influenza sulla resilienza (la donna che rinuncia al suo lavoro non appare quindi un fattore protettivo primario per la riuscita del minore).
La ricerca (che utilizza i dati dell’indagine OCSE PISA e dati provenienti da altre fonti, ISTAT ed EUROSTAT) mette bene in evidenza le aree italiane più disagiate, segnalando le peculiarità delle diverse Regioni, in positivo e in negativo. Il Piemonte si colloca bene, di base, nella classifica italiana dell’Indice di Povertà Educativa (IPE), ma questo non significa che nella nostra Regione non siano presenti contesti di maggiore disagio sociale (quartieri cittadini, aree non urbane più isolate) e quindi bisogni più elevati e necessità di resilienza. Ogni Gruppo e Zona ha la possibilità di osservare da vicino, nel proprio territorio, dove la proposta educativa scout è più necessaria. A questo occorre legare le attenzioni per lo sviluppo di uno scoutismo in contesti marginali. La strategia nazionale d’intervento “educare al sogno” risulta ancora più urgente e reale se considerata in quest’ottica di educazione alla resilienza per i minori socialmente ed economicamente più deboli.
Il Comitato regionale
A questo link è liberamente disponibile la presentazione completa della ricerca: Nuotare contro corrente. Povertà educativa e resilienza in Italia.
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